«Non c’è forma che non si trasformi», titolava così Il Sole 24 Ore un articolo di Anna Li Vigni, studiosa di estetica, apparso nel luglio del 20111Li Vigni A. (2011), “Non c’è forma che non si trasformi”, in Il Sole 24 Ore, supplemento “Domenica”, 24 luglio.. Mi pare una formulazione emblematica per dare l’incipit a questa mia breve nota che è stata l’introduzione ad una attività che ha visto impegnati studiosi, architetti e studenti intorno a temi e questioni che hanno trovato un campo di indagine privilegiato nel territorio palermitano, nell’ambito del workshop PMO/Re-verse Hyper-cycling “Costa Sud”.
L’occasione si è offerta per costruire scenari in grado di verificare strategie di trasformazione, in cui le soluzioni tecniche e costruttive si sono dovute adattare a criteri di sostenibilità dell’architettura, prevedendo l’integrazione in particolare delle aree verdi con le nuove costruzioni e con gli edifici esistenti. Palermo, quindi, città come esperimento, in particolare una sua porzione significativa e cruciale per il suo sviluppo: il sistema della Costa Sud, da Sant’Erasmo alla borgata marinara di Aspra.
Il tema del fronte mare rappresenta per la grande metropoli siciliana un luogo paradigmatico per cogliere le potenzialità e le contraddizioni di una comunità che ha visto un continuo alternarsi di atteggiamenti segnati da disinteresse e senso di abbandono, a momenti di grande slancio nel prefigurare la trasformazione del suo territorio. Una “Araba Fenice” che, a partire soprattutto dagli anni del secondo dopoguerra, ha proceduto con passo incerto, spesso privo di una visione strategica, capace di riorganizzare la città verso nuove polarità nel suo waterfront, oltre che nel suo ricco centro storico. Forse è il caso di ricordare in questa occasione l’unico, a mio avviso, contributo per la città che negli ultimi decenni è stato capace di esplorare scenari di grande valore architettonico e paesaggistico.
Mi riferisco all’iniziativa che nel 1988 fu condotta sotto la guida di Pasquale Culotta2AA.VV. (1988), Palermo 1991. Nove approdi per l’Esposizione Nazionale, Democrazia Cristiana, Palermo. intorno ad una ricerca progettuale che avrebbe proiettato Palermo verso il 1991, data del centenario dall’Esposizione Nazionale del 1891 che fu ospitata dal capoluogo siciliano. In quella occasione architetti italiani e stranieri furono impegnati nella stesura di nove progetti, dislocati in altrettanti punti nevralgici, lungo tutta la linea di costa della città. Ricordare quella circostanza e gli interessanti esiti progettuali, ritengo possa rappresentare una traccia utile per valutare, con ancora più forza, la necessità di una azione di confronto in grado di avviare una trasformazione concreta attraverso il progetto di architettura. Gli obbiettivi di quella iniziativa avevano come unico disegno la creazione di un sistema urbano di corrispondenza tra costa, tessuto insediativo e collina della Conca d’Oro. Si voleva concepire cioè un preciso disegno capace di far emergere, attraverso lo strumento del progetto di architettura, la possibilità di assegnare ancora alla città la centralità del rapporto fra sistema insediativo e caratteri propri della geografia del suo territorio.
Avendo come sfondo l’esperienza del 1988, la ricerca Re-cycle Italy si è intestata la prerogativa di rinnovare alcune modalità di approccio ai temi della trasformazione urbana, immettendo le nuove istanze che vedono nel tema della rigenerazione urbana un importante momento per lo sviluppo della città contemporanea. A partire quindi dalle tematiche legate all’applicazione di meccanismi di “riciclo creativo e proattivo”, si sono potuti verificare i meccanismi che con- sentono di rigenerare sistemi, anche estesi, di paesaggio, di parti urbane e di manufatti architettonici. Una azione sempre più diffusa e praticata nel contesto europeo, ma non solo, in grado di offrire condizioni nuove per una più sistematica e strategica riconversione di parti di territorio. Riscoprire quindi luoghi abbandonati, paesaggi incerti, architetture dismesse così da riproporle all’interno di un programma che ha come parola d’ordine “riconversione”. Tutto ciò può essere declinato attraverso varie scale d’intervento, da quelle più minute – quasi da chirurgia urbana – ad altre più estese, dove si integrano in modo più articolato porzioni di territorio con un rinnovato sistema edilizio.
L’attività del workshop palermitano, con i suoi esiti, si è collocata all’interno di questo filone di ricerca e ha consentito di elaborare idee e progetti offrendo un articolato ventaglio di condizioni di sperimentazione. Gli esiti, infatti, sono stati in grado di offrire ipotesi di trasformazioni significative e adeguate alle nuove istanze della contemporaneità. Istanze che trovano nella compatibilità ambientale, nel miglioramento del sistema delle relazioni e, soprattutto, in una visione più equilibrata della struttura sociale, temi fondamentali: un solco sul quale orientarsi per lo sviluppo della città nel futuro prossimo.
Una sfida ambiziosa che oggi si rende pressante e non più derogabile per potere ricollocare Palermo in una dimensione di città del XXI secolo. Riprendendo a conclusione la metafora dell’Araba Fenice e il suo motto, possiamo affermare: post fata resurgo. Dopo la morte risorgo.
References
1. | ↑ | Li Vigni A. (2011), “Non c’è forma che non si trasformi”, in Il Sole 24 Ore, supplemento “Domenica”, 24 luglio. |
2. | ↑ | AA.VV. (1988), Palermo 1991. Nove approdi per l’Esposizione Nazionale, Democrazia Cristiana, Palermo. |